Lo zucchero è responsabile di molte malattie da «società del benessere» come il diabete e l’obesità, e bisognerebbe cercare di limitarne l’uso.
In realtà consumiamo a testa una quantità di zucchero tre volte superiore a quella necessaria. La dose giornaliera necessaria corrisponderebbe a 30 gr; l’Organizzazione Mondiale della Sanità pone a 18 gr (due o tre cucchiaini da caffè) il massimo consumo consigliato.
Il problema è grave perché, oltre ai dolci, alla marmellata, alla cioccolata ecc., alimenti nei quali avvertiamo la presenza dello zucchero ne assumiamo dosi elevate attraverso alimenti insospettabili, come le bibite «dissetanti», le merendine, gli snacks, le gomme da masticare, il dentifricio, la maionese, le salse di pomodoro, i salumi, la carne in scatola, la mortadella, i patè, la birra…
Un equivoco sul quale è bene fare subito luce
Quando si parla di zucchero, della sua importanza vitale per il corpo umano, non si intende il saccarosio, cioè la polvere bianca e granulata usata in cucina, bensì il glucosio. Il glucosio è l’unità fondamentale dell’amido, sostanza presente in molti prodotti come la pasta, le patate, il pane, il riso.
La guerra dei dolcificanti
La demonizzazione del saccarosio quale responsabile di varie malattie ha costretto i produttori italiani a spendere soldi in pubblicità, convegni, ricerche mediche e scientifiche, che dimostrassero la bontà se non la necessità dello zucchero (saccarosio). Martellavano uno slogan «Il cervello ha bisogno di zucchero», come se nei millenni precedenti alla sua comparsa in Europa fossero tutti citrulli.
Le multinazionali della chimica hanno allora introdotto nel mercato i sostituti dello zucchero, come aspartame, saccarina, acesulfame, ecc. che dolcificano anche fino a cinquencento volte di più.
Una lotta sulla pelle dei consumatori, perché la sperimentazione e produzione a ciclo continuo di dolcificanti sostitutivi, creando nuovi business, crea anche nuovi pericoli per la nostra salute.
Quanti tipi di zuccheri
Zuccheri semplici. Si dividono in monosaccaridi: glucosio, un componente costante del sangue che si trova assieme al fruttosio nei vegetali e nella frutta; disaccaridi: il cassarosio è il disaccaride più diffuso, si estrae dalla barbabietola e dalla canna da zucchero (formato da una molecola di glucosio e una di fruttosio);
polisaccaridi: hanno generalmente funzione di riserva sotto forma di amido per i vegetali, di glicogeno per gli animali. L’amido è dunque un polisaccaride vegetale consumato dall’uomo con la pasta, il pane, le patate, i cereali, i legumi.
Estrazione dello zucchero
Con il continuo miglioramento delle tecniche di estrazione dai vegetali, ma soprattutto dalla canna da zucchero e dalla barbabietola, lo zucchero diventa una merce sfruttabile industrialmente.
Dalla canna l’estrazione è molto semplice e redditizia perché lo zucchero fuoriesce dal fusto tagliato. Dopo la bollitura e la semplice ripulitura con filtraggio si ottiene la melassa e quindi lo zucchero.
Nella barbabietola il lavoro è più complesso perché lo zucchero è concentrato nelle cellule delle radici. Le barbabietole devono essere affettate finemente, immerse in acqua calda nei diffusori e lo zucchero giallognolo e impuro ricavato deve essere ulteriormente raffinato con calce e liberato dalle impurità.
Altri trattamenti lo trasformano nella polvere, o nelle zollette che si usano sulla tavola o nelle industrie dolciarie e alimentari (zucchero in pani, semolato, in polvere, a velo, candito).
Non c’è nessuna differenza in contenuti tra zucchero bianco e zucchero di canna. È un modo di lavorazione diverso, come è diverso il livello di raffinazione.
Il valore calorico è comunque uguale (400 calorie ogni 100 grammi).
Ma fate bene attenzione, perché lo zucchero che ingerite giornalmente non è solo quello della bustina (8 grammi) o del cucchiaino che mettete nel caffè o nel latte, ma oltre alle marmellate, cioccolate, snacks si trova zucchero anche in alimenti insospettabili: maionese, salse di pomodoro, patè, carne in scatola, salumi, prosciutti, wurstel.