I microrganismi e le muffe, che sono presenti naturalmente nell’ambiente, causano l’alterazione degli alimenti freschi (carne, pesce, uova, latte e ortaggi), dando origine in breve tempo a dei processi di deterioramento.
Spinto dalla necessità di non sprecare del cibo andato a male, o di averlo a disposizione in periodi diversi dalla sua stagionalità, l’uomo ha sperimentato, nel corso dei millenni, vari metodi di conservazione, volti a creare un ambiente sfavorevole alla proliferazione degli agenti, prima menzionati, e riuscendo a preservare la salubrità degli alimenti, per un periodo di tempo più lungo, rispetto a quello naturale.
La nascita di molteplici tecniche conservative è stata dettata dalla particolare natura dei diversi alimenti, per cui le loro caratteristiche sono risultate maggiormente preservate in un determinato modo, invece che in un altro.
D’altra parte, però, si è scoperto che uno stesso alimento, per non deteriorarsi, necessitava di più trattamenti, oppure poteva essere trasformato in un prodotto, che pur mantenendo i principi nutritivi della sostanza di partenza, aveva delle caratteristiche organolettiche completamente diverse.
Esempi emblematici di quanto detto sono riscontrabili nei processi di conservazione del latte fresco.
Infatti questo viene prima pastorizzato e poi refrigerato, oppure può essere lavorato, per divenire formaggio.
Quanto abbiamo detto ci fa capire l’importanza e la complessità di un discorso sulle tecniche di conservazione dei cibi.
Inoltre, sebbene alcune di queste siano antichissime, sono adottate ancora ai giorni nostri e basta recarsi in un qualsiasi negozio di generi alimentari per rendersi conto di quanto sia vasta la gamma di prodotti, che sono stati trattati in modo tale da mantenersi per diverso tempo.
Per tale motivo ho voluto dedicare questo articolo all’analisi dei metodi impiegati nella loro lavorazione, in modo da conoscerli meglio e poter operare un acquisto più consapevole.
Prima di procedere, però, mi preme fare una precisazione.
In particolare gli alimenti, che hanno subito dei processi conservativi, vengono spesso criticati, in quanto è opinione comune che, durante la loro produzione, abbiano perso il loro sapore originale e i loro principi nutritivi.
Ebbene ciò può essere vero nel caso in cui si acquistino merci di bassa qualità.
Negli altri casi, invece, gli alimenti conservati mantengono pressoché inalterate le caratteristiche, che avevano da freschi.
Inoltre offrono il vantaggio di essere reperibili tutto l’anno, solitamente hanno prezzi più vantaggiosi ed infine risultano più facili da usare, in quanto sono già parzialmente puliti e preparati.
Detto questo, possiamo entrare nel vivo del discorso.
I principali metodi di conservazione, che vengono adottati per preservare la salubrità degli alimenti, possono essere riuniti in quattro macrocategorie, ovvero i metodi chimici, i metodi fisici, i metodi chimico-fisici ed infine i metodi biologici.
Andiamo ad analizzarli.
I METODI CHIMICI
I metodi chimici si distinguono in naturali e sintetici.
Alla prima categoria appartengono:
– la conservazione tramite salatura: il sale disidrata i tessuti cellulari con i quali viene a contatto, creando un ambiente poco adatto alla proliferazione batterica. Generalmente tale sostanza viene usata a secco, o in salamoia. Nel primo caso riveste l’alimento in modo diretto, nel secondo invece viene disciolta in una certa quantità d’acqua, la quale è aromatizzata con erbe e spezie. Una volta realizzata questa soluzione, il cibo viene immerso al suo interno, per un periodo di tempo prestabilito. La conservazione tramite salatura è adottata per preservare carne, pesce e verdure (acciughe, capperi, lingua di bue, prosciutto crudo ecc.);
– la conservazione con zucchero: questo metodo sfrutta le capacità conservanti dello zucchero e viene adottato soprattutto per preservare la frutta. In particolare l’alimento è cotto con la sostanza conservante, fino a quando la preparazione raggiunge una concentrazione zuccherina tale (tra il 50 e 60%), da ostacolare in maniera determinante lo sviluppo dei microrganismi. In base al tipo di lavorazione adottato, questo metodo di conservazione consente di ottenere prodotti quali frutta candita, confetture, gelatine ecc.;
– la conservazione sott’aceto: l’aceto contiene acido acetico in una quantità che varia dal 6 al 7%. Tale sostanza è un buon disinfettante, per cui inibisce lo sviluppo dei microrganismi. La conservazione sott’aceto è adottata per preservare ortaggi e pesci. In particolare i primi vengono precotti, quindi sono immersi nell’aceto, gli altri invece solitamente sono fritti ed in seguito sono irrorati con il liquido. Un esempio, che rientra in quest’ultima casistica, sono le preparazioni in carpione;
– la conservazione sott‘olio: l’olio ha la capacità di isolare gli alimenti dal contatto con l’aria. In tal modo si inibisce la proliferazione dei batteri aerobi, cioè dei microrganismi che si sviluppano con l’apporto dell’ossigeno. Naturalmente la stessa azione non si verifica nel caso dei batteri anaerobi, come il botulino. Inoltre l’olio, al contrario del sale e dello zucchero, non ha un’azione diretta sull’acqua presente negli alimenti, dove i batteri si sviluppano. Perciò la tecnica conservativa, di cui stiamo parlando, è sempre associata ad altri metodi. In particolare generalmente i cibi sono prima cotti, o sottoposti a salagione, quindi sono immersi completamente nell’olio ed infine i barattoli confezionati vengono sterilizzati. La conservazione sott’olio è adottata per preservare pesci e ortaggi (tonno, funghi, melanzane ecc.);
– la conservazione con grasso animale: come l’olio anche il grasso animale è un ottimo isolante. Questo metodo è molto simile a quello che abbiamo analizzato prima, ma è utilizzato per preservare carni e salsicce;
– la conservazione con alcool: questo metodo è adottato soprattutto per preservare la frutta. In particolare l’alimento viene immerso nell’alcool, che ha il potere di inibire lo sviluppo dei microrganismi.
I metodi di conservazione chimici sintetici adoperano sostanze prive di valore nutritivo, che vengono create artificialmente con metodi industriali.
Tali sostanze, oltre ad essere utilizzate con una funzione antimicrobica, conservante e antiossidante, vengono impiegate anche per migliorare il sapore (esaltatori di sapidità), il colore (coloranti) e l’aroma (aromatizzanti) degli alimenti.
In ogni caso sono indicate sulle etichette delle confezioni con la sigla “E”, seguita da un numero di tre cifre.
I METODI FISICI
I metodi fisici si distinguono in 5 categorie di tecniche conservative, le quali si differenziano per il tipo di azione, che viene svolta sull’alimento.
In particolare abbiamo l’eliminazione dell’aria, il raffreddamento, l’irraggiamento, il riscaldamento e l’eliminazione dell’acqua.
La conservazione tramite l’eliminazione dell’aria è una tecnica che include due metodi: quello del sottovuoto e quello dell’atmosfera modificata. Entrambi sono adottati per preservare ortaggi, carni, salumi, formaggi, snack, prodotti da forno, paste fresche, riso, pane, pizza, ecc.
In particolare gli alimenti vengono puliti e confezionati, quindi con la conservazione sottovuoto l’aria è completamente aspirata dall‘involucro tramite una macchina per sottovuoto, invece nel caso dell’atmosfera modificata viene sottratto l’ossigeno e il gas è sostituito con l’azoto.
Tali metodi di conservazione rallentano sensibilmente la proliferazione dei batteri aerobi. Tuttavia non hanno effetto su quelli anaerobi, per cui soprattutto gli alimenti, che contengono una certa umidità (carne, ortaggi, salumi ecc.), devono essere refrigerati.
La conservazione tramite raffreddamento: il freddo ha la capacità di minimizzare e, in base alla temperatura raggiunta, di inibire lo sviluppo dei microrganismi e delle muffe. A seconda dello stato termico, cui viene portato l’alimento, e al tempo, che è impiegato in tale processo, la conservazione tramite raffreddamento si distingue in tre metodi, ovvero:
– la refrigerazione, adottata per gli alimenti freschi o per quelli già cotti, prevede che questi siano mantenuti a una temperatura di circa 4°C;
– la congelazione, adottata per le carni e i pesci di grosse dimensioni, prevede che questi siano mantenuti a una temperatura di circa -18°C;
– la surgelazione, adottata per gli alimenti freschi e per quelli precotti, prevede che questi siano portati a una temperatura interna di -18°C entro 4 ore. Tale stato termico deve rimanere pressoché inalterato fino al momento del consumo dell’alimento. Inoltre è interessante sottolineare che i tempi ridotti, che sono previsti per la congelazione dei cibi, permettono a questi ultimi di mantenere inalterate le loro caratteristiche organolettiche.
L’irraggiamento, o irradiazione, degli alimenti è un metodo di conservazione basato sull’esposizione dei cibi a dosi controllate di radiazioni ionizzanti (raggi gamma, raggi X, o fasci di elettroni). Ciò consente di distruggere, o di impedire la riproduzione, dei microrganismi patogeni, delle loro spore e dei parassiti, eventualmente presenti. Inoltre con tale metodo il cibo stesso viene sterilizzato, per cui se ne ritarda la maturazione, o la germinazione (nel caso di aglio, cipolla, tuberi e radici), permettendone l’estensione del periodo di commercializzazione e l’esportazione a lunghe distanze. Oltre che per la conservazione di alcune varietà di ortaggi, questo metodo è adottato anche per preservare carni e prodotti ittici.
La conservazione tramite riscaldamento: il calore consente di distruggere i microrganismi presenti negli alimenti e, in base alla temperatura raggiunta, di eliminare anche le loro spore. A seconda dello stato termico, cui viene portato l’alimento, la conservazione tramite riscaldamento si distingue in due metodi, ovvero:
– la pastorizzazione, adottata per bevande (latte, vino, succhi di frutta ecc.), insaccati (mortadella, wurstel ecc.) e altri alimenti (uova sgusciate, confetture ecc.), prevede di portare il cibo a temperature comprese tra i 65°C e i 100°C;
– la sterilizzazione, adottata per il latte (uperizzato o UHT, Ultra High Temperature), il tonno in scatola ecc., prevede di portare gli alimenti a una temperatura superiore ai 100°C.
Una volta aperti, sia i prodotti pastorizzati, che quelli sterilizzati, devono essere conservati in frigorifero e vanno consumati entro breve tempo.
L’eliminazione dell’acqua: i microrganismi si sviluppano generalmente in ambienti umidi, per cui privare gli alimenti dell’acqua, in essi contenuta, sfavorisce il loro sviluppo. A seconda del grado di disidratazione, cui è portato l’alimento, e al tipo di trattamento, cui è sottoposto in tale processo, la conservazione tramite l’eliminazione dell’acqua si distingue in tre metodi, ovvero:
– l’essiccamento, che si effettua mediante l’esposizione dell’alimento al sole o ad aria calda, prodotta artificialmente. In entrambi i casi si ottiene l’evaporazione parziale dell’acqua dagli alimenti. Questo metodo viene adottato soprattutto per conservare verdure, frutta e paste alimentari;
– la concentrazione, che è molto simile al metodo precedente, ma viene adottata per conservare i pomodori (in questo modo si ottiene il concentrato), la carne (la tecnica della concentrazione è adottata per produrre i dadi da cucina) e il latte (concentrando il latte si ottiene quello condensato);
– la liofilizzazione, che consente di ottenere dei prodotti, i quali pur mantenendo le caratteristiche organolettiche dei cibi freschi, possono essere conservati a temperatura ambiente. Ciò avviene grazie al fatto che questo metodo prevede l’impiego di due tecniche di conservazione. In particolare dapprima l’alimento viene surgelato e successivamente è essiccato sottovuoto. In questo modo l’acqua evapora e si ottiene un alimento in polvere, che riacquista le caratteristiche nutritive appena gli aggiunge di nuovo il liquido sottratto. La liofilizzazione è adottata soprattutto per conservare caffè, alimenti dietetici e per l’infanzia, preparati per budini, purè di patate, succhi di frutta, minestre, zuppe, risotti ecc.
I METODI CHIMICO FISICI
I metodi chimico fisici di conservazione includono le diverse tecniche di affumicamento.
Con tale termine si intende il processo, durante il quale gli alimenti sono sottoposti all’azione del calore e del fumo, che sono sprigionati dalla combustione di alcuni legni, quali quello di faggio, quello di castagno, quello di quercia, o quello di ulivo.
Tale processo conferisce ai cibi aromi particolari, ma soprattutto svolge un’azione antisettica.
Infatti i microrganismi sono uccisi dall’azione del calore, dalla disidratazione, dalla mancanza di ossigeno e dalla presenza nel fumo di sostanze antibatteriche, quali la formaldeide.
In baso al grado di calore cui sono sottoposti gli alimenti, l’affumicamento viene definito “a freddo“, o “a caldo“.
La prima tecnica è adottata per la conservazione dei salmoni, o dei salumi affumicati, e prevede di sottoporre gli alimenti a una temperatura, compresa tra i 20°C e i 45°C, per un periodo di tempo che può durare alcuni giorni, o intere settimane, a seconda del cibo che viene lavorato e delle sue dimensioni.
L’affumicamento a caldo, invece, è una tecnica adottata per la conservazione di aringhe e di carni suine. In questo caso gli alimenti sono sottoposti per alcune ore a una temperatura, compresa tra i 50°C e i 90°C.
Oltre alla carne e al pesce anche i formaggi possono essere trattati con la tecnica dell’affumicatura, ma in questo caso il processo è solo superficiale e ha unicamente la funzione di conferire al prodotto un gusto particolare.
In altri termini nel caso dei latticini il metodo di conservazione resta immutato.
I METODI BIOLOGICI
I metodi biologici di conservazione includono le diverse tecniche di fermentazione.
Con tale termine si intende il processo durante il quale alcuni tipi di alimenti (latte, cereali, carne e verdure) sono sottoposti all’azione controllata di microrganismi che, in assenza di ossigeno, trasformano gli zuccheri in composti ad azione conservativa.
Tale opera altera sensibilmente le proprietà organolettiche degli alimenti freschi, dando origine ai rispettivi derivati: formaggi, yogurt, crauti, salami e prosciutti, vino, birra, aceto (fermentazione acetica) ecc.
Terminata questa lunga analisi, possiamo concludere dicendo che, sulla base di quali siano i metodi applicati, i prodotti conservati possono essere suddivisi in due categorie: le conserve e le semiconserve.
Le prime sono ottenute con un trattamento atto a inattivare in modo irreversibile enzimi e microrganismi.
Alcuni esempi di conserve sono tutti gli alimenti in scatola, quali i legumi, la carne e il tonno.
Le semiconserve, invece, comprendono tutti quei prodotti la cui stabilità, oltre che dal processo adottato, è garantita anche dalle condizioni ambientali.
Tra questi ricordiamo i salumi, i formaggi, le paste fresche, e alcuni alimenti pastorizzati, come i succhi di frutta, o il latte.
Infatti tali prodotti, dopo essere stati trattati, necessitano di un ulteriore conservazione in ambienti refrigerati.