Oggi vediamo come scegliere le more, analizzando quali sono i prodotti disponibili sul mercato.
La pianta dalla quale nascono questi frutti, il rovo, è un arbusto maggiormente noto per le sue varietà infestanti, ma ne esistono diverse specie commerciali. Nonostante questo frutto tenda ad essere sottovalutato, le more sono gustose e gradevolmente profumate, e contengono sostanze importanti per via dei loro usi terapeutici. Elencheremo gli arbusti che producono le more, le caratteristiche di questi frutti e i loro utilizzi in erboristeria e nella preparazione di dolci.
Caratteristiche
Le piante che producono le more sono il rovo selvatico (nome scientifico: Rubus ulmifolius) e il rovo coltivato, privo di spine (nome scientifico: Rubus fruticosus). Entrambe queste piante fanno parte della famiglia delle Rosacee. Fanno parte della stessa famiglia anche le piante Rubus procerus e Rubus laciniatuse, che si trovano comunemente in Italia, e il Rubus canadensis, tipica dell’America del Nord. Il Rubus ulmifolius è un arbusto che è facile trovare in campagna. E’ una pianta perenne, dotata di spine appuntite e pungenti, che genera tralci lunghi fino a tre metri.
Risulta essere una pianta semicaducifoglia, poiché non perde tutte le foglie durante la stagione invernale, ma solo una parte. Il rovo selvatico è caratterizzato da foglie di media grandezza, di colore verde, ognuna delle quali presenta dalle tre alle cinque foglioline con bordi seghettati. Mentre la pagina inferiore presenta una leggera peluria, quella superiore è completamente liscia. Dal mese di marzo a quello di giugno, la pianta produce dei piccoli fiori rosa o bianchi, ognuno dei quali presenta 5 petali lunghi circa 1 centimetro, riuniti assieme in infiorescenze. A partire da questi fiori si svilupperanno le more, ognuna delle quali è costituita da piccole drupe che all’interno contengono un piccolo seme.
Quando non sono ancora mature, le more si presentano bianche, poi diventano rosa-rosse e, quando sono completamente mature (luglio-settembre), appariranno color viola scuro-nero. Hanno un sapore dolce, talvolta tendente all’acidulo. Il rovo è caratterizzato da una crescita spontanea, tanto che molte volte è considerato una pianta infestante perché occupa le zone ai margini di boschi e campi. Ha un’altissima capacità pollonifera e produce costantemente nuovi tralci. Si tratta di una pianta che non ha particolari esigenze: cresce bene in terreni soleggiati, con un buon tasso di umidità. Resiste a climi rigidi e persino alle gelate. I contadini sanno che, una volta radicata, è praticamente impossibile rimuoverla, dal momento che né tagliandola, né bruciandola si ottengono buoni risultati.
Aspetti nutrizionali
Le more hanno un alto contenuto di vitamina C e di vitamina A. Il contenuto in calorie è di 50 kcal per 100 g. Vengono utilizzate in cucina e in erboristeria. E’ possibile consumarle direttamente o utilizzarle per la preparazione di marmellate, conserve, gelatine o succhi di more. I piccoli semi contengono alte quantità di acidi grassi insaturi quali acido alfa linolenico (omega 3) e acido linolenico (omega 6), ma viste le loro piccole dimensioni non si possono certo utilizzare come unica fonte di questi elementi.
Le more hanno proprietà lassative, caratteristica che è nota fin dall’antichità, ma hanno anche un elevato contenuto in vitamine che le rende utili in caso di debilitazione. La medicina naturale si avvale non soltanto delle more ma di tutti le parti della pianta, ad esempio fiori, foglie, germogli e radici, per offrire sollievo in caso di orofaringiti, dissenteria, emorroidi. Con i fiori e le foglie si realizzano infusi per praticare gargarismi in caso di mal di gola e faringiti.
Gli impacchi che si producono con i germogli possono essere utili in caso di emorroidi. I germogli più teneri vengono anche utilizzati per realizzare un preparato in grado di offrire sollievo in caso di problemi intestinali e che svolge un’azione di depurazione sull’organismo. I germogli vengono raccolti in primavera e vengono lasciati macerare nell’acqua.
Coltivazione
Spesso il rovo selvatico che cresce spontaneamente ai margini dei campi viene mantenuto per formare siepi e divisori che tengano lontani gli intrusi. Anche gli apicoltori possono coltivare il rovo vicino alle arnie, in modo che le api abbiano a disposizione nettare per supportare la realizzazione del miele.
Questa pianta può anche realizzare dei corridoi ecologici per gli animali selvatici. Il rovo coltivato è quello che si utilizza maggiormente per la produzione dei frutti, ma le more del rovo selvatico non hanno di certo un sapore inferiore qualitativamente. Il Rubus fruticosus (rovo coltivato) non presenta spine e la maggior parte delle cultivar è originaria del nord America. Le cultivar più conosciute sono Hull Thornless, Dirksen Thornless,Thornfree e Black Satin.
Come il rovo selvatico, anche il rovo coltivato non ha particolari esigenze ma si adatta a tutte le tipologie di terra. Tuttavia, predilige terreni soffici, umidi, profondi e con pH lievemente acido. Può crescere sia in penombra sia esposto al sole, ed è bene farlo aggrappare a dei sostegni a spalliera. In genere questa pianta è in grado di sopportare lunghi periodi di siccità ed è sufficiente l’acqua delle piogge. Tuttavia, se volete che produca un raccolto migliore, sarebbe bene innaffiarla con regolarità da maggio fino ad agosto, lasciando al terreno la possibilità di asciugarsi tra un’innaffiatura e l’altra.
Un altro suggerimento utile è depositare del concime organico alla base della ceppaia in primavera e in autunno. Quando il rovo viene coltivato in una serra, è possibile raccogliere i frutti dal mese di giugno fino a settembre. Si tratta di una pianta molto resistente ma, talvolta, le foglie possono essere colpite da mal bianco e le inflorescenze possono essere danneggiate dagli afidi.